Ogni tanto Felix intercettava le connessioni per vedere se qualcuno avesse notizie del mondo esterno. Quasi sempre però si trattava di traffico automatico: backup di rete, aggiornamenti, spam. Un sacco di spam.
> Lo spam è ancora alto perché i sistemi che in genere lo bloccano stanno cadendo più velocemente dei sistemi che lo creano. Tutta la roba anti-worm è concentrata in un paio di posti. Lo spam invece è generato da un milione di computer zombie. Se solo gli utonti avessero avuto il buon senso di spegnere i PC prima di cascare a terra o lasciarci le penne…
> di questo passo per ora di cena non trasmetteremo altro che spam
Van si schiarì la voce. Un suono doloroso. — Credo succederà anche prima. Felix, non credo che nessuno noterà la differenza se ce ne andassimo di qua.
Felix lo guardò. La sua pelle era del colore della carne salata, solcata da lunghe e brutte croste.
— Stai bevendo a sufficienza?
Van annuì. — Bevo tutto il santo giorno, ogni dieci secondi. Farei qualsiasi cosa per tenermi pieno lo stomaco. — Indicò una bottiglia di Pepsi Max piena d’acqua al suo fianco.
— Convochiamo una riunione — fece Felix.
Erano in quarantatré nel D-Day. Ora erano quindici. Sei di loro avevano risposto alla convocazione per la riunione semplicemente andandosene. Senza bisogno che nessuno lo dicesse, ognuno sapeva di cosa si sarebbe parlato.
— Allora è così, lasceremo che vada tutto a puttane? — Sario era l’unico a cui era rimasta energia a sufficienza per arrabbiarsi. Sarebbe rimasto arrabbiato fin nella tomba. Le vene sulla gola e sulla fronte gli sporgevano gonfie di rabbia. Rabbiosamente scuoteva anche i pugni. Vedendolo, tutti gli altri nerd smisero immediatamente di fare quello che stavano facendo, alzarono lo sguardo sulla discussione, lasciarono perdere per un attimo la chat in corso o il tail di un log di sistema.
— Sario, mi stai pigliando per il culo? — chiese Felix. — Tu quella cazzo di spina la volevi staccare!
— Io volevo che si spegnesse tutto per bene — urlò. — Non ho mai voluto che la rete morisse dissanguata, stramazzando tra rantoli e conati interminabili. Volevo che fosse un atto deliberato della comunità intera, dei suoi custodi. Volevo che fosse un’affermazione fatta da mani umane. Non che l’entropia, il cattivo codice e i worm avessero la meglio. Che cazzo, invece è proprio quello che è successo.
Il bar dell’ultimo piano era circondato da finestre, rinforzate e oscurate e, per abitudine, tutte le tende erano abbassate. Sario corse per la stanza, sganciando le tende, tirandole furiosamente verso il basso. Dove diavolo trova l’energia per correre? si chiese Felix. Lui a stento era riuscito a salire le scale fino alla sala riunioni.
La luce spietata indondò la stanza. Fuori era una bella giornata di sole, ma da quella posizione privilegiata si potevano vedere colonne di fumo levarsi lungo tutta la skyline di Toronto.
Dalla torre TD, un gigantesco e futuristico blocco di vetro, si alzavano fiamme verso il cielo. — Sta andando tutto a pezzi.
— Ascoltate, ascoltate. Se lasciamo che la rete muoia lentamente, parti di essa staranno online per mesi. Forse anni. E cosa ci girerà sopra? Malware. Worms. Spam. Processi automatici. Trasferimenti di zone DNS. Le cose che usiamo si rompono e richiedono cure costanti. Le cose che abbandoniamo non vengono utilizzate e durano per sempre. Stiamo per lasciarci alle spalle la rete come un pozzo pieno di rifiuti tossici. E questa sarà la nostra cazzo di eredità, l’eredità di ogni tasto pigiato da me e da voi, ovunque sia stato pigiato. Capite? La stiamo facendo morire lentamente come un cane ferito, invece che darle un colpo netto alla testa.
Van si grattò le guance, ma Felix vide che si stava asciugando le lacrime.
— Sario, non hai torto, ma non hai neppure ragione. Va bene lasciarla zoppicare. Tutti zoppicheremo, per molto tempo, e forse potrà tornare utile a qualcuno. Anche se ci sarà un singolo pacchetto che verrà instradato da un utente a un altro, la rete starà facendo il suo lavoro.
— Se vuoi darle un colpo netto, puoi farlo — disse Felix. — Sono il Primo Ministro, e così ho deciso. Ti darò gli accessi di root. Li darò a tutti voi. — Si voltò verso la lavagna dove i camerieri un tempo scrivevano le specialità del giorno. Ora era coperta dai resti delle accalorate discussioni tecniche che i sistemisti avevano tenuto da quel giorno in poi.
Con la manica pulì una porzione della lavagna e cominciò a scrivere lunghe e complicate password alfanumeriche, con tanto di segni di interpunzione nel mezzo. Felix aveva un talento naturale per ricordarsi quel tipo di password. Dubitava che gli sarebbe tornato molto utile, d’ora in poi.
> Ce ne andiamo, kong. Il carburante è quasi finito comunque.
> già beh ok allora. è stato un onore, sig. primo ministro
> tu te la caverai?
> ho ordinato a un giovane sistemista di provvedere ai miei bisogni di donna e abbiamo trovato un’altra riserva di cibo che ci basterà per altre due settimane ora che siamo ridotti a quindici admin. Sto come un pascià, caro
> sei incredibile, Queen Kong, veramente. Non fare l’eroina, però. Quando dovrai andare, vai. Deve esserci qualcosa là fuori
> fai attenzione felix, veramente. A proposito, ti ho detto che stanno salendo le ricerche dalla Romania? Forse si stanno rimettendo in piedi
> davvero?
> già, davvero. sono difficili da ammazzare — altro che scarafaggi
La sua connesione morì. Ricaricò Google con Firefox, non rispondeva. Premette Aggiorna, poi ancora e ancora e ancora, ma non tornava. Chiuse gli occhi, sentì Van che si grattava le gambe e poi sentì che digitava qualcosa.
— Sono tornati su — lo avvisò.
A Felix sfuggì un lungo sospiro. Inviò ai newsgroup il messaggio del quale aveva scritto cinque bozze diverse prima di decidersi per un — “Prendetevi cura di questo posto, ok? Ci torneremo, un giorno.”
Se ne stavano andando tutti, tutti tranne Sario. Non voleva saperne. Scese però per vederli partire.
I sistemisti si radunarono nell’ingresso e Felix fece salire la porta di sicurezza, lasciando irrompere nella stanza la luce dall’esterno.
Sario gli porse la mano.
— Buona fortuna — disse.
— Anche a te. — Aveva una stretta ferma, Sario. Ben più di quanto fosse ragionevole aspettarsi. — Forse avevi ragione tu.
— Forse.
— Staccherai la spina?
Sario guardò al soffitto, come se stesse penetrando con lo sguardo le solette di cemento armato fino ad arrivare agli armadi ronzanti dei piani superiori. — Chi lo sa? — disse infine.
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