Riscritta da Roger Avary (Pulp Fiction) e Neil Gaiman, la storia dell'eroe Beowulf assume una nuova dimensione nel film d'animazione tridimensionale diretto da Robert Zemeckis.
Una produzione che perfezionando la tecnica utilizzata per realizzare Polar Express, dà vita ad una saga visiva digitale in cui un mondo simile a quello di Shrek sembra assumere i toni sexy e violenti di un cinema più adulto, quasi al limite dell'horror.
Più vicino alle atmosfere di Excalibur che a quelle de Il Signore degli Anelli, La leggenda di Beowulf è un film in cui la tecnologia gioca un ruolo importantissimo non solo nel ricreare la Danimarca del sesto secolo, ma anche nel dare vita all'universo disturbante e dai toni forti che l'eroe Beowulf dovrà affrontare.
Pieno di trovate geniali, il film, però, sembra soffrire dell'essere, nonostante tutto ancora un po' ibrido. La sua spettacolarità è innegabile, così come il fatto che essendo stato pensato come modello per il futuro 3D (dal 2009 la maggior parte dei film d'animazione sarà realizzata con questa tecnica) è ancora troppo legato all'animazione tridimensionale tradizionale, senza fare un salto di qualità in cui alla tecnologia corrisponda una vera crescita narrativa sotto il profilo emotivo ed umano. La leggenda 'umana troppo umana' dell'eroe menzognero che non uccide la madre del mostro e giace con lei (per usare una terminologia consona all'argomento del film) è raccontata in maniera frettolosa con una sensibile e marcata difficoltà a stabilire una vera e propria empatia con i personaggi.
Una sensualità repressa (vediamo il corpo nudo di Angelina Jolie trasformato in quello di un demone, ma - ironicamente - in maniera sensibilmente censoria non si vedono i capezzoli o il pube...) e un tono orrorifico che esclude dalla visione un pubblico di bambini e di preadolescenti costituiscono un misto insolito per il cinema d'animazione. Soprattutto per questo, pensato più per stupire il pubblico che a conquistarlo dal punto di vista emotivo.
Un'esperienza visiva interessante che nonostante la vacuità degli sguardi dei protagonisti e la sceneggiatura di Avary e Gaiman, comunque, ricondotta nei binari del politicamente corretto, ma non sempre del buon gusto, fanno di questo film un esperimento interessante e spettacolare, ma - al tempo stesso - privo di quell'appeal propriamente epico di un capolavoro lungimirante come 300, dove si percepisce una libertà espressiva sganciata da modelli pruriginosi.
La leggenda di Beowulf, la sua lotta per liberare il regno dal mostro generato dall'amplesso insalubre e ignominioso tra il re e la strega, non assume mai una dimensione epica che porti lo spettatore a comprenderne fino in fondo il valore esemplare e leggendario di questa storia.
Alla fine sembra di stare assistendo più ad una versione non giocabile di un videogame che ad un film dalle ambizioni empatiche e spirituali più forti. Anche se, ovviamente, lal'icasticità delle immagini, soprattutto per chi potrarlo vedere in digitale, sarà enorme e dirompente.
Peccato che oltre all'effettistica visiva un po' più di tempo dedicato all'elemento emotivo ed umano della storia non sarebbe stato sprecato. Anzi. Alla fine, la storia di questo personaggio sembra non lasciarti nulla se non il senso di una grande corsa su un ottovolante dalle brevi emozioni forti che toccano sì la mente, ma che non lasciano nessun segno tangibile sull'anima. Entrare in un altro mondo, alle volte, non basta. Bisogna sentirsi parte di esso e - soprattutto - percepirlo fino in fondo nel suo orizzonte umano ed emotivo.
Qualità che a La leggenda di Beowulf sembrebbero purtroppo mancare...
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