Sezione Pi Quadro è pieno di evocazioni culturali e riferimenti letterari, direttamente fantascientifici come Gibson e Philip K. Dick, figure di confine come Thomas Pynchon e William Burroughs, o altri cantori dell’universo urbano come Charles Dickens e Raymond Chandler, passando per l’orrore di H.P Lovecraft, fino a Hugo Pratt e a David Bowie, che prima di Blade Runner (a sua volta presente, anche se chiamato per nome) ha cantato la frustrazione delle promesse e dei desideri fantascientifici. Poi ci sono allusioni a figure del mondo della ricerca scientifica, come Norbert Wiener e Vernor Vinge. Perché tutta questa densità di omaggi espliciti?
Perché viviamo in un mondo che è una trama intessuta di riferimenti più o meno accessibili. Wiener, Heisenberg e Bohm, padri rispettivamente della cibernetica, del principio di indeterminazione che ha reso così popolare la meccanica quantistica, e del paradigma olografico che riduce l’intero universo e la nostra stessa percezione della realtà a un inganno dei sensi, sono i tre titani della scienza del Novecento che allungano la loro ombra su Sezione π2. Scienza e immaginario si intrecciano oggi in un ordito sempre più fitto, con il

A questo punto, passiamo all’autore. Vuoi provare a dirci come sei arrivato a Sezione Pi Quadro? Insomma prova a raccontarti, cominciamo dalle letture.
Letture? Si è soliti consigliare agli esordienti di leggere cento libri prima di lanciarsi nella stesura del primo romanzo. Con i libri che ho letto, direi che posso ritenermi coperto per una futura saga… Detto fuor di metafora, io continuo a ritenermi ancora oggi un lettore prima che uno scrittore. Insomma, non ho idea di come potrà essere accolto il romanzo, di quali reazioni susciterà nei lettori, anche se mentre ero impegnato con la stesura ero ben consapevole delle emozioni e degli stati d’animo che avrei voluto evocare. Sarà la prova della lettura a dirmi se ho fallito o se ho progredito, ed eventualmente fino a che punto, verso il mio obiettivo. Per il momento so sicuramente cosa aspettarmi dai miei autori preferiti e più in generale dall’esperienza della lettura, che deve riservarmi margini di sorpresa e spunti di riflessione per riuscirmi ad appagare fino in fondo. Sezione π2 è un po’ una sintesi delle mie esperienze di lettore, e un tributo a tutti gli autori che ho letto e amato (e che sono molti, troppi per enumerarli in questa sede, anche se molti abbiamo avuto modo di citarli). Se riuscirò a regalare un decimo di quello che ho assimilato da Alfred Bester, Samuel R. Delany o J.G. Ballard, potrò considerarmi soddisfatto. Almeno per il momento.
E adesso passiamo alle tue scritture.
Devo confessare che questo non è il mio primo romanzo in assoluto. Ne avevo già scritto uno a nemmeno diciott’anni, quando un po’ tutti crediamo di avere qualcosa da dire e molti decidono di cimentarsi per la prima volta con la scrittura. Anch’io sono caduto nella trappola. Il romanzo in questione giunse finalista alla prima edizione del Premio Solaria 2000, ma fu un fuoco di paglia. Il successivo, venuto pochi anni dopo, ha ricevuto una segnalazione alla scorsa edizione del Fantascienza.com, ma anche quello è finito nel limbo dei lavori destinati all’oblio. Il terzo, questo, è stato quello giusto. In mezzo ci sono state decine di racconti in cui mi sono cimentato con tematiche classiche del genere come pure con l’ultima frontiera del dibattito scientifico; qualche centinaio di articoli scritti per i siti e le riviste a cui collaboro (Fantascienza.com, Delos SF, Next-Station.org, Continuum, NeXT, Robot); e anche la straordinaria esperienza come sceneggiatore di fumetti per la Cagliostro ePress.Finora, la mia produzione edita si è focalizzata sull’indagine delle possibile conseguenze prodotte sulla civiltà umana, a breve o lungo termine, dall’avanzata del progresso. I racconti della mia raccolta di esordio (Revenant, uscita lo scorso anno per i tipi di Ferrara Edizioni) sono ricchi di reminiscenze cyberpunk e, in maniera forse non del tutto consapevole, cominciano a guardare alla frontiera postumanista. Ultimamente, mi scopro a concentrare molto la mia attenzione sui riflessi che i nuovi memi potrebbero gettare su tematiche che non sono proprio di stretta attualità (penso alla definizione di identità e ai meccanismi della coscienza che in parte ho mutuato dalle letture insistite di Dick, Ballard e Gibson). Ma quando capita non resisto alla tentazione di gettarmi nell’esplorazione delle radici archetipiche di un immaginario a noi tutti familiare, cercando sempre di tenere ben presente il dato scientifico. Un atteggiamento che mi sento di condividere con tutti gli altri amici del gruppo connettivista, nato tre anni fa dal sogno congiunto di Sandro Battisti, Marco Milani e mio, e arrivato oggi a contare numerosi esponenti. Un coro di voci che trasmette raffiche di visioni dal basso futuro.
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