Le navi salpano dopo disperati tentativi d’assalto della folla che provocano altre migliaia di morti. L’obiettivo è Marte. Il pianeta viene raggiunto, ma l’odissea è appena agli inizi. Marte richiede un nuovo tributo di sangue: esso si rivela, inattesamente, un pianeta di ambigui specchi e miraggi, letalissimo e ingannatore, che provoca numerosi incidenti mortali. Diegher, con metodi inflessibili e fascistoidi, passa su morti e cadaveri e senza neanche attendere le navi rimaste indietro ordina una nuova partenza. Le astronavi giunte su Marte salpano verso altri mondi, ma a questo punto qualcosa è degenerato e la storia compie un ulteriore “salto”. Verranno visitati altri pianeti e pianetini del Sistema solare, ma ci accorgiamo di non trovarci più nella consueta astronomia. I corpi celesti che incontriamo sono reinventati di sana pianta. Le astronavi (nel frattempo ridotte in numero per ulteriori incidenti) scendono su un mondo che apprendiamo chiamarsi Logaros.
Anche da Logaros Diegher dà ordine di fuggire, provocando malumori tra i passeggeri, peraltro risolti brutalmente. In realtà Logaros, nonostante un’iniziale parvenza di tranquillissimo corpo celeste, si rivela un pericolo mortale. Esso è ricoperto da un mare di cenere che non è immobile come si potrebbe credere: si creano “ondate” altissime, che uccidono migliaia di persone in un colpo solo.
Le astronavi partono ancora, il morale è a picco. Si sbarca sul pianeta Orchide: il che è ancora peggio, perché Orchide pullula di piante che, dapprima immobili e quasi invitanti, di colpo manifestano la capacità di sgozzare i terrestri usando lunghi e sottili rami come infallibili mannaie.
Si salpa di nuovo, in numero ancora più ridotto. I pianeti sulla strada dei fuggitivi sono tutti di fantasia, una costellazione che è una sorta di aggirarsi dantesco in un Inferno parascientifico più che un’audace, biblica traversata attraverso mondi ignoti.
Alla fine i terrestri superstiti, ridotti a 1 milione e 200 mila individui stanchi, stravolti, disperati, vengono (sorpresa!) caritatevolmente soccorsi da inattese creature dalle forme del tutto umane: gli Sconge.
Costoro, evolutissimi, abitano in una remota galassia ma sanno cosa ci è accaduto e sono subito accorsi. Trasporteranno i superstiti sul loro pianeta: il Pianeta. Gli Sconge – bellissimi, indecifrabili eppure estremamente gentili – nonostante la somiglianza con la nostra specie sono esseri a sangue freddo. Il loro mondo, scoprono i nostri profughi, è l’Utopia realizzata: società perfetta, libertà assoluta, assenza di carceri, assenza di governo, benessere generale, tecnologia eccelsa, arti sublimi. Gli Sconge sono in numero ridotto, la loro vita media è di circa 500 anni e sanno che la loro specie sta andando incontro all’estinzione, ma accettano questo destino con indifferenza. I terrestri, ad ogni modo, pensano di poter finalmente avviare una vita più o meno normale. Le città Sconge sono in gran parte disabitate, benché tenute in perfetta efficienza, inoltre esse rappresentano tutte capolavori di ardita architettura. Ai terrestri viene “regalata” un'intera cittadella disabitata, tecnologicamente evolutissima.
Senonché anche il Pianeta si rivelerà assolutamente inidoneo ai terrestri. Anzi: l'Eden – beffa definitiva – si mostrerà il peggiore, il più alieno e straziante dei nemici. Infatti sul Pianeta, per i terrestri, risulta impossibile addormentarsi. E senza sonno il corpo umano non può sopravvivere più di due, forse tre settimane. Gli Sconge, dal canto loro, pare sapessero già cosa sarebbe accaduto, ma si limiteranno ad assistere gentilmente, servizievolmente, sorridenti, gli umani nei loro ultimi giorni.
In definitiva la "perfezione" del Pianeta non sarà – penso sia un’accettabile interpretazione del finale – che un letale contraltare all'orrore dei microbi ingigantiti. Quelli erano l’esplosione ed emersione dell’Orrore inconscio. Il Pianeta invece è il Luogo che rende visibile la Perfezione, l’Eden che finalmente “apre definitivamente gli occhi” alla residua umanità: ma non risulterà sopportabile. Non sarà roba da esseri umani.
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