Trent'anni di teatri stracolmi, una versione cinematografica che i fan più accaniti hanno visto anche centinaia di volte a testa, convention annuali in tutto il mondo che radunano migliaia di transylvani appassionati. Ma anche piccoli cinema di provincia e gruppi di amici che si ritrovano allo spettacolo di mezzanotte per ballare il Time Warp sotto lo schermo, gridando battute ormai divenute una sorta di linguaggio iniziatico in risposta a quelle degli attori, indossando costumi che spesso non hanno nulla da invidiare a quelli originali. Il Rocky Horror è tutto questo e molto di più.
Ma come spiegare a un profano il motivo di questo successo travolgente? Come far comprendere a un vergine (così gli iniziati chiamano i neofiti dello show) qual è lo spirito che spinge i fan a indossare guêpière, giarrettiera e calze a rete e ad affollarsi sotto il palco dei teatri, cantando a memoria tutte le canzoni e recitando a tempo, senza mai sgarrare, la sceneggiatura per il pubblico?
E' un compito forse impossibile, ma vogliamo provarci ugualmente con questo speciale.
Potrà sembrare strano, forse, parlare di un musical su una rivista di fantascienza. Ma basta ascoltare Science Fiction Double Feature, la canzone di apertura, per capire quanto il Rocky Horror sia intriso di fantascienza: soprattutto la fantascienza cinematografica degli anni '50, quella bistrattata dalla critica ma adorata dai ragazzini dell'epoca, fra i quali l'allora piccolo Richard O'Brien, autore del Rocky.
Fantascienza e horror, così come fantascienza e insieme horror è il capolavoro di Mary Shelley, il Frankenstein, sulla cui trama è molto liberamente (davvero molto!) modellato questo musical. Frank-n-Furter, folle scienziato e novello dottor Frankenstein, costruisce la sua creatura non per il desiderio di sfidare i limiti della scienza, quanto piuttosto per regalarsi il compagno perfetto per le sue prodezze sessuali. E Rocky, un quarto di bue bello e semplice di cervello, come da copione tradisce il suo creatore concedendosi alla lussuria appena destata di Janet, anche se alla fine si sacrifica per cercare di salvarlo dalla vendetta di Riff-Raff e Magenta.
L'unico filo conduttore dal gusto un po' horror-splatter è quello legato a Eddie, prima usato come donatore d'organi poi ricucito alla bell'e meglio, surgelato come un vitello, ucciso a picconate da Frank in un atto di pietà, quindi macellato e servito arrosto per la cena di compleanno di Rocky...
Il castello di Frank ("Frankenstein place"), teatro della vicenda, è lo stesso luogo lugubre e misterioso dei film horror d'annata, dove scheletri abitano gli orologi e i visi nei quadri d'autore hanno i lineamenti dei protagonisti, anche se in questo caso è arredato con un bizzarro gusto neoclassico-kitch. Questo stile, soprattutto nel caso del laboratorio di Frank, ricorda in modo esplicito quello adottato nei film di fantascienza anni '50 (o anche nella la serie classica di Star Trek) per arredare i pianeti alieni, in cui donne bellissime vestite con costumi discinti si aggirano tra sculture neoclassiche e fontane. In questo, anche la stravagante mise di Frank e del suo entourage prende in giro il gusto alieno del vestire. Nelle scene finali del film, quando Riff-Raff e Magenta si presentano vestiti di tutto punto per tornare su Transylvania, ci sembra proprio di rivedere i costumi di Flash Gordon in mutande dorate, mantelli d'argento e pettinature cotonate.
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