Aldani e la scrittura mimetica
Luce D'Eramo ha notato che il linguaggio di Aldani si adatta sempre perfettamente alla storia in questione. Lei ha parlato di uno stile diretto che aderisce di volta in volta alla storia narrata. Questo aspetto in Aldani è realmente presente, e in racconti come Buonanotte Sofia credo che questa capacità di Aldani tocchi davvero alti livelli. Il principio generale sarebbe che ogni racconto abbia un suo registro linguistico, un suo ventaglio di vocaboli, e che questi siano perfettamente conciliabili, anzi, debbano essere esattamente quelli richiesti, dalla storia e dallo spessore psicologico del personaggio in questione. Quello che certamente non è comune trovare, è all'interno della stessa storia un narratore che sia capace di cambiare registro linguistico in base all'ambiente in cui è immerso il punto d'osservazione (sul punto di vista faremo qualche accenno separatamente).
In Buonanotte Sofia Aldani passa da due stati di descrizione molto lontani tra di loro, quasi antitetici. Il suo narratore si trova a dover descrivere momenti di "sogno" e di "veglia". Questi vengono narrati con linguaggi molto differenti, che tendono ad evidenziare e separare i due possibili stati. In questo modo Aldani ottiene un momento di sogno in cui è evidente, non solo lo stato "onirico", ma addirittura lo stato "artificiosamente onirico"; e a questo contrappone una diversa narrazione tenuta per i momenti di veglia, che permette di distinguere e caratterizzare i due momenti.
Il sogno dozzinale, la fantasia sessuale massificata, vengono resi con un linguaggio che, agli occhi dell'attento lettore, tende a svilirla. Troviamo sacerdotesse esotiche standard che si susseguono a combattimenti violenti in cui vengono portati i colpi più classici del genere. Insomma, la morte della fantasia che nel sogno viene resa con la morte del linguaggio e della fantasia descrittiva, e giù con seni turgidi e colpi alla mascella degni della fantasia perversa di un bambino di sei anni.
A questo linguaggio si contrappone quello molto più lucido e fantasioso che Aldani usa quando affronta il momento della veglia, un linguaggio alto che ci narra di un mondo in cui la varietà e la fantasia sono morti.
E' come se alternativamente Aldani usasse lo stile e il contenuto per narrarci questa morte della fantasia (giusto perché in questo momento mi viene comodo soffermarmi su quest'aspetto). Nei momenti onirici apparentemente vivaci la dozzinalità ed artificiosità del contesto ci viene rammentata attraverso lo stile e il linguaggio ripetitivo e ridotto ai minimi termini espressivi. Quando la morte dello spirito è chiara e palese nei contenuti, attraverso tutti quei colori smorti, allora Aldani può lanciarsi in una scrittura che sicuramente gli è più congeniale (ipotesi mia, chissà, magari preferisce scrivere in modo dozzinale e ha fatto una fatica del diavolo a scrivere tanti racconti in modo così elegante!) e che risulta decisamente più ricca e comunicativa.
Quello che sta alla base di un racconto è la comunicazione. Aldani ha un'idea in testa, ed è quella che ci vuole comunicare, e di volta in volta lo farà nel modo più opportuno col linguaggio e la struttura narrativa più adeguata.
Aldani e i piani narrativi
Il caso più eclatante fra i racconti è quello di Scacco doppio. Qui sin dal titolo è dichiarata una duplicità della narrazione, una partita che viene giocata contemporaneamente sul piano da gioco e nella vita. Oltre questa prima frammentazione se ne intravede un'altra, quella del protagonista che gioca con se stesso una dura partita: egli sa che comunque vada a finire ha perso, non potrà accettare alcuna risposta, non potrà accettare alcuna verità portata dalla sua compagna. Egli ha acquisito una consapevolezza che lo rende un uomo fottuto, per sempre. Nel racconto si insinua quindi un'altra partita, quella che l'uomo gioca con se stesso; un altro scacco che egli è destinato a subire perché non è capace di ingannarsi e di crearsi una falsa verità che gli permetta di vivere in una dolce, opaca, tranquillità, quella di chi non immagina nulla. Egli è condannato dalla sua consapevolezza. Lo scacco è doppio, sì, ma la scacchiera è lontana: egli si vede sconfitto prima nel sociale e poi dentro la propria interiorità. Altre volte il discorso può essere più chiaro (anche la differenziazione dello stile narrativo in Buonanotte Sofia potrebbe farsi rientrare in questo contesto), e significativo in questo senso è In attesa del cargo in cui in una sala d'aspetto di uno spazioporto si svolge la scena di un perditempo che avvicina un passeggero in attesa del suo cargo per raccontargli la sua storia. Il dialogo che si instaura si svolge su due piani strettamente legati ai ruoli che rivestono i due personaggi nella storia: quello diffidente del passeggero, e quello astuto e appassionato dell'uomo che racconta la sua storia. Sotto un altro aspetto anche in Trentasette Centigradi troviamo una narrazione stratificata, infatti, sebbene la loro presenza sia evidente ovunque (nelle conseguenze del loro operato preventivo), non si vede mai un medico. Tutta la narrazione viene svolta con quella presenza in sottofondo, come se il piano su cui scrive Aldani fosse sensibile al piano operativo su cui giacciono i medici; ma la comunicazione è a senso unico: la storia di Aldani risente della presenza ad un altro livello dei medici, ma i personaggi che si muovono sul piano narrativo nulla possono per intervenire sui colpevoli della loro infelicità.
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