Inizio col chiederti subito un'autorevole definizione di Fantascienza.
Ogni autore di fantascienza ha la sua definizione, chiaramente rivelatrice della propria sensibilità e struttura mentale. Possiamo spaziare così dalla "narrativa del condizionale" al "folklore atomico", da "le fiabe del nostro tempo" a definizioni più strettamente tecniche, tutte più o meno condivisibili in parte, ma giammai esaustive. Ovviamente, io sono affezionato alla mia, che proposi nel 1962 nel mio vecchio saggio sulla science fiction. Fantascienza è una rappresentazione fantastica dell'universo operata secondo una consequenzialità logico-scientifico, capace di porre il lettore attraverso l'eccezionalità o l'apparente impossibilità della situazione in un diverso rapporto con le cose.
Cosa ti ha attirato nella fantascienza prima ancora di iniziare a scriverne?
Mi attiravano quegli aspetti e peculiarità racchiusi nella definizione di cui sopra, cioè il carattere fantastico; l'eccezionalità ecc. Mi piaceva, quel sentirmi sprofondare in un diverso rapporto con le cose.
Uno scrittore di SF chi è? Dà un'idea adeguata dire che più di ogni altro artista egli deve essere un artista di metafore?
La prima è una domanda pietrificante, una di quelle che irretiscono e paralizzano, sul tipo "Perché scrivi?" o "Non ti sembra di avere un alto concetto di te stesso?", insomma, domande alle quali è impossibile rispondere senza cadere nella balordaggine o nella presunzione. In quanto all'immagine dell'artista come artista di metafore, vorrei qui notare che la letteratura, ogni letteratura, è costellata, anzi basata sull'impiego di metafore, di tropi, di metonimie (che nella metafora rientrano). Anche la lingua parlata. Non possiamo aprir bocca senza farne uso. E allora, che vuol dire artista di metafore? Forse che l'autore di science fiction è un artista ridondante?
Scrivere fantascienza quanto ti ha aiutato nello scendere in profondità nelle tematiche che hai affrontato? Quale arma in più ti ha dato la SF che non ti avrebbe garantito la letteratura realista?
Ovviamente, assumere il punto di vista della SF vuol dire assumere un punto di vista privilegiato. Da una postazione privilegiata il volume di fuoco risulta moltiplicato, gli effetti sono indubbiamente maggiori. Lo spostamento nel futuro consente di poter ingigantire (e quindi rendere più evidenti) le tendenze nel presente già abbozzate. Insomma, i vantaggi sono molteplici e non sarò certo io a misconoscerli. Il problema sorge quando in sede di elaborazione, meglio di immaginazione, tu già ti trovi a pensare secondo il modulo fantascientifico. Nel momento stesso in cui tu pensi secondo SF non puoi usare la SF come lente di ingrandimento. I rapporti tra letteratura fantastica e letteratura realistica vengono ad essere ristabiliti secondo i parametri di partenza, e ti ritrovi con le armi spezzate, inutilizzabili.
Ursula Le Guin dice di aver imparato, col tempo, che la fantascienza è figlia del realismo, non della fantasia: una storia realistica tratta di qualcosa che sarebbe potuto accadere ma non è accaduto, giusto? Molte storie di fantascienza parlano di mondi che potrebbero esistere nel futuro. Sia il realismo che la fantascienza raccontano storie che potrebbero essere vere.
Questo discorso sulla SF figlia del realismo è un discorso maledettamente complicato, irto di trabocchetti. Preferisco pensare ad una completa autonomia delle varie correnti letterarie. Che se poi volessimo, putacaso, stilare un rendiconto e assegnare una palma, allora non resterebbe che consultare una qualsiasi storia della letteratura dalle origini ai giorni nostri e vedere quante sono le opere che fanno capo al realismo e quante quelle che s'imperniano sulla pura fantasia. Il confronto, scandaloso, potrebbe portarci ad una riflessione: che tutta la letteratura è essenzialmente "fantastica", tranne l'eccezionale periodo del verismo realismo dell'800.
Il Giappone è la cultura più aliena fra quelle con cui più frequentemente riusciamo a confrontarci noi occidentali. La tua antologia Quarta dimensione come è stata accolta in quella terra?
Bene, suppongo. Certo, i riscontri obiettivi mi mancano. Ad esempio, la Hayakawa Shobo dopo quel mio libro non ne ha richiesti altri. E questo, a guardar bene, è un segno negativo. D'altra parte le lettere di entusiastico consenso di alcuni lettori giapponesi e i numerosi articoli di critica (buona? Cattiva?) e le recensioni sulle riviste specializzate m'inducono a pensare che un certo ascolto il libro lo ha ottenuto.
Cosa cancelleresti al mondo?
Niente. E' tutto maledettamente così necessario. Se ad esempio, volessi cancellare la stupidità, cancellerei nello stesso tempo la possibilità di una critica alla stessa stupidità.
Cosa non sei riuscito a fare?
A sconfiggere il mondo
Cosa farai?
Forse, continuerò nei miei tentativi di sconfiggerlo.
Perché?
Perché così mi piace.
Quando ci si stanca?
Quando la vittoria ci arride.
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