Nell'ambito di una discussione tenutasi presso il Palazzo di Vetro giovedì scorso, 19 maggio 2005, un gruppo di scienziati ha ammonito gli Stati Uniti in merito alle ultime disposizioni dell'amministrazione Bush sulla militarizzazione dello spazio, un atteggiamento che oltre a rivelarsi economicamente dispendioso in maniera proibitiva (e, aggiungiamo noi, proprio in un momento in cui la spesa interna che gli USA devolvono ai servizi per il cittadino raggiunge i minimi storici) potrebbe anche scatenare una nuova corsa agli armamenti.
La Union of Concerned Scientists (UCS), una commissione di controllo che contrasta la colonizzazione militare dello spazio, ha invitato le Nazioni Unite a considerare la stesura di un trattato per proibire la messa in orbita di satelliti equipaggiati con armamenti, anche qualora questi fossero dichiarati di natura difensiva. La richiesta della UCS nasce in reazione alla revisione che la nuova amministrazione Bush si propone di portare alla politica spaziale degli Stati Uniti. Alcuni scienziati sono preoccupati che questa revisione possa preludere a una politica più aggressiva e, conseguentemente, ad un ulteriore passo avanti nella militarizzazione dello spazio.Venerdì scorso, il portavoce della Casa Bianca Scott McClellan ha dichiarato ai giornalisti che la nuova dottrina Bush prescinderebbe da una volontà bellica. Ma ha anche detto che nuove minacce sono emerse nel corso degli anni dall'ultima revisione apportata alla politica spaziale USA, ribadendo la necessità di ricorrere ad un sistema di difesa satellitare. "Ci sono stati cambiamenti nella situazione internazionale negli ultimi otto o nove anni, e sono emersi paesi che hanno acquisito interesse nella conquista spaziale " ha detto McClellan, con una chiara allusione ai recenti progressi della Repubblica Popolare Cinese. "Questi paesi hanno interessi e tecnologie che potrebbero minacciare i nostri apparati spaziali. Queste sono cose da tenere in considerazione nell'aggiornamento del programma".
Secondo stime realistiche, un sistema spaziale completo di armamento raggiungerebbe un costo di molti miliardi di dollari. Lo sviluppo di uno scudo per la difesa da attacchi missilistici richiederebbe qualcosa come 1000 intercettori spaziali e costi compresi tra i 20 e i 100 miliardi di dollari, come rivelato da David Wright, scienziato della UCS e coautore di una recente inchiesta sulla fattibilità delle armi spaziali. Un sistema simile richiederebbe anche una drastica espansione della capacità di messa in orbita degli Stati Uniti, che attualmente possono lanciare 10-12 razzi di grosse dimensioni all'anno, mentre con gli intercettori spaziali ne sarebbero necessari molti di più. Wright ha anche sottolineato che sistemi spaziali per attacchi a obiettivi terrestri non sarebbero ancora realizzabili, evidenziando come dietro la velleità degli sforzi americani nella difesa possa in realtà nascondersi la minaccia concreta di una vocazione bellica.
In ogni caso, ogni ulteriore passo in questa direzione susciterebbe la condanna internazionale. Nel 2002, a seguito della fuoriuscita degli Stati Uniti dal Trattato Anti-Missilistico del 1972, la Cina e la Russia avanzarono la proposta per un nuovo trattato internazionale che mettesse al bando la proliferazione degli armamenti spaziali. Ma gli Stati Uniti ribadirono l'inutilità di ogni accordo di controllo sulle armi spaziali. Una clausola del Trattato sullo Spazio Esterno (il celebre Outer Space Treaty del 1967) vieta lo stazionamento di armi di distruzione di massa nello spazio.
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