Delos 15: Vittorio Curtoni
intervista con
Vittorio Curtoni
Con questo numero iniziamo una serie di interviste con i personaggi che hanno fatto la storia della fantascienza in Italia. E cominciamo con Vittorio Curtoni, che con Galassia prima, e con Robot e Aliens poi, a partire dagli Anni Settanta ha dato un fortissimo impulso di rinnovamento al panorama editoriale italiano.
di Luigi Pachìfoto di Giuseppe Festino
Delos: Caro Vittorio, prendo al volo l'opportunità per farti alcune domande per Delos. Se alcune di esse non ti piacciono evita di rispondere. Se non rispondi a nessuna di esse, allora scrivi tu le domande, che le risposte le preparo io... insomma, vedi tu che fare. L'importante è partecipare.
Curtoni: Ma sei matto? Questa qui non è un'intervista. E' un terzo grado! Come mai non mi hai chiesto anche la mia taglia di reggipetto? Vabbè... Non so quanti anni impiegherò a rispondere, e comunque TE LO SEI VOLUTO TU!!!
Delos: Ipotizziamo di essere un secolo più avanti nel tempo e che la fantascienza italiana di questi ultimi trent'anni venga "scoperta" per la prima volta dai crititici internazionali e da quelli nazionali. Tu sei un famoso saggista che deve scrivere un'introduzione su Vittorio Curtoni, un personaggio che pare abbia partecipato alla storia della SF lungo lo stivale. Cosa scriveresti di lui?
Curtoni: Io lo conoscevo bene.
Delos: A quale età hai iniziato a leggere science-fiction e perché sei rimasto affascinato da questo tipo di letteratura?
Curtoni: A nove anni. Merito (o demerito, as you like) di mio padre, che è stato uno dei primi lettori di "Urania" e mi ha fatto trovare in casa parecchi numeri della rivista. La cosa che mi ha affascinato di più sono state le copertine di Caesar: bellissime! Le guardavo e sognavo... Forse ai ragazzi di oggi sarà un po' difficile non dico capire, ma immaginare che nel 1958 i mezzi di evasione disponibili, al di là dei libri, erano pochissimi: non c'era la televisione quarantotto ore su ventiquattro, non c'era il computer, non c'era il carrozzone degli effetti speciali cinematografici. Io oltrettutto vivevo in uno sperduto paesello di montagna dove, a parte mucche, galline e prati, non c'era niente di niente. Il fascino iniziale della sf per me è stato questo: l'evasione assoluta. Il mostro invasore, il pianeta alieno, il volo nello spazio. Mi piaceva tutto, indiscriminatamente. Quanto amerei poter ripetere oggi quel miracolo!
Delos: Il tuo saggio sulla fantascienza pubblicato anni fa dall'editrice Nord è una tesi che si fa leggere con scorrevolezza. Visto che si tratta di una tua passione, è stato facile anche scriverla o è il risultato di grossi sacrifici e ricerche?
Curtoni: Scriverla non è stato difficile; lunghissimo è stato il lavoro preparatorio, perché mi sono dovuto rileggere (e talora leggere per la prima volta) tutto il materiale che ho citato. Mesi e mesi di letture. Il resto, debbo dire, è venuto quasi da sé. Per quanto possa valere quel libro, è ovvio.
Delos: Quando hai cominciato a pensare che la fantascienza sarebbe diventata parte del tuo lavoro di curatore, traduttore, scrittore e saggista?
Curtoni: Da sempre. Adolescente, decisi che avrei fatto questo mestiere; e purtroppo, per usare una mia frase che molto amo, il mio sogno si è avverato.
Delos: Cosa ricordi di più della tua permanenza come curatore della rivista Galassia (La Tribuna editore)?
Curtoni: A parte il fatto che avevo vent'anni, e questo di per sé è già un
bellissimo ricordo, ho la sensazione di una libertà totale che in
venticinque anni e passa di attività si è ripetuta solo con "Robot". Il
dottor Mario Vitali, proprietario della casa editrice, poneva un unico
limite all'opera di Gianni (Montanari) e mia: l'entità della cifra da
sborsare per i diritti. In parole povere, non avrebbe pagato nemmeno mille
lire in più della sua tariffa standard. La cosa però non è mai stata un
problema; ci avrà fermati diciamo una o due volte su cento, non di più. E
gli unici concorrenti seri erano Fruttero & Lucentini con "Urania", ma loro
del tipo di autori che pubblicavamo noi non si interessavano, quindi... Un
periodo straordinario, per me. Anche il solo fatto di pubblicare autori
italiani era la realizzazione di un sogno che covavo da anni; e nemmeno a
questo l'editore faceva obiezioni.
I guai sono cominciati quando è nata l'Editrice Nord (Gianfranco,
birichino!). Da un lato la Nord aveva un eccellente, ottimo editor come
Riccardo Valla (il migliore che si sia mai visto in Italia, a mio modesto ma
sincerissimo giudizio); dall'altro, il buon Viviani ha alzato le tariffe dei
diritti d'autore, e noi siamo rimasti indietro. Per carità, ha fatto
benissimo: tutte le volte che ci incontriamo gli rinnovo i miei complimenti
per la sua sagacia di editore, e io non sono uso a raccontare balle. Però
per noi è stata una mazzata ferale!
Delos: Robot ha rappresentato per molti appassionati una tappa storica. E' vero che l'idea della struttura della rivista Robot è stata partorita in macchina durante un viaggio tra te e l'editore Armenia?
Curtoni: Verissimo. Era l'autunno del '75, ottobre o novembre, non ricordo di preciso. Armenia e io andammo in auto a un incontro con Piero Cassoli, medico e parapsicologo bolognese, all'epoca direttore di un mensile di Armenia, "ESP". Io lavoravo come redattore da Armenia dal marzo di quell'anno. Appena usciti da Milano, sull'autostrada per Bologna, Armenia (che ovviamente conosceva i miei trascorsi a "Galassia") mi chiese: "Senta, Vittorio, se lei dovesse fare una rivista di fantascienza oggi, come la farebbe?" Io continuai a parlare per tutto il tragitto di andata, e pure al ritorno la mattina dopo. Evidentemente devo essere stato convincente... L'idea della struttura generale di "Robot" era, per me, una sorta di fusione tra esperienze precedenti di altri editori (come "Futuro", "Gamma", "Oltre il Cielo") e mie, soprattutto quella del "Bollettino dello SFBC". L'apoteosi di ciò che per me era il concetto di "rivista di fantascienza". Armenia mi diede carta bianca, e il resto lo sapete.
Delos: Fu abbastanza facile costituire la redazione? Li conoscevi già personalmente tutti attreverso il fandom? E i collaboratori stranieri?
Curtoni: Costruire la redazione è stato un processo graduale, un po' lento e difficoltoso all'inizio, poi sempre più facile. Nei mesi di preparazione della rivista ho contattato molti dei miei vecchi amici che sapevo specialisti in un campo o nell'altro (ad esempio Giovanni Mongini per il cinema e Franco Fossati per i fumetti); ho conosciuto il celebre duo (pianistico?) Caimmi & Nicolazzini, che mi ha dato una mano essenziale per l'organizzazione della struttura globale; e molto sono stato anche aiutato da Gian Paolo Cossato, amico d'antica data, che in pratica mi ha fatto da indirizzario vivente per l'estero (Gian Paolo era tornato da poco dall'Inghilterra, dove aveva vissuto per anni, e conosceva tutti). Quando poi la rivista è decollata, in Italia si sono fatte vive orde di persone, diverse delle quali sono entrate a fare parte del cast; e in quanto all'estero, debbo dire che bastava inviare qualche numero della rivista anche agli autori più famosi per ottenere reazioni entusiaste... Si vede che non era poi tanto male. Credo.
Delos: Remo Guerrini, parecchi anni più tardi direttore di Focus, scatenò sulle pagine di Robot la famosa polemica su fantascienza e politica, e la testata iniziò ad avere problemi di vendita. E' andata veramente così come tramanda la leggenda, oppure sono stati altri eventi a far chiudere la rivista?
Curtoni: Questo lo hanno detto e ripetuto in molti, ma io non l'ho mai creduto.
Debbo dire che la celebre "polemica politica" ha scatenato vampate
incandescenti, ed è degenerata troppo (per colpa mia, anche se non
esclusivamente) in questioni personali: oggi senza dubbio sarei pronto a
dire di nuovo cose analoghe, ma in altra maniera. Lo ammetto, e me ne dolgo.
Tuttavia, per quanto mi risulta, anche gli avversari più accaniti hanno
continuato a comperare "Robot", se non altro per la curiosità di vedere
quali nuovi insulti i miei collaboratori e io avessimo escogitato...
L'emorragia di lettori non è venuta da lì. Considerate un illustre
precedente, "Gamma" di Valentino de Carlo: era un'eccellente rivista, e di
certo non ha mai portato avanti polemiche come la nostra; ha cambiato
formato più di una volta, ma nell'arco di pochi anni è stata costretta a
chiudere. Come noi.
Secondo me, i motivi essenziali sono due. In primo luogo, il pubblico
italiano nutre una spiccata predilezione per i romanzi; pochi amano i
racconti, e un numero ancora più scarso di lettori (il classico zoccolo
duro) si appassiona all'informazione. Secondariamente, come ha appurato
diversi anni fa un sondaggio della Mondadori, all'interno del pubblico della
sf si verifica un ricambio generazionale ogni cinque/sei anni; e in quei
cinque/sei anni c'è una perdita continua di acquirenti, gente che si stufa
dopo qualche numero e smette di comperare. E la rivista affonda. Persino
Mondadori, con iniziative come "Star Trek" o "La rivista di Asimov" ha
dovuto arrendersi. Figuriamoci un piccolo editore.
Il dato ironico è che "Robot" chiuse vendendo sulle 7/8.000 copie (il
tetto minimo necessario all'editore era di 10.000 copie), e oggi con vendite
di quel calibro una rivista potrebbe tranquillamente sopravvivere...
Delos: Tra i movimenti culturali degli anni '80 che si aggiravano nell'ambito fantascientifico, "Ambigua Utopia" ha lasciato sicuramente un segno più di tanti altri. Come ricordi le manifestazioni e le presenze atipiche (esempio l'Eurocon di Stresa nel 1980) di questo gruppo italiano?
Curtoni: Non ero a Stresa nell'80. Sorry. Di Ambigua Utopia ricordo un convegno al
teatro "Ciak" di Milano e un raduno di due o tre giorni nella zona dei
Navigli milanesi: un cancan folkloristico un po' incasinato, ma divertente.
A.U. era una diretta filiazione dello spirito del '68 (come, per certi
versi, anche "Robot", suppongo, almeno nella persona del suo direttore), e
oggi queste cose sono solo beati ricordi per gente della mia generazione che
ha avuto un certo tipo di esperienza culturale e politica. Tristissimo, ma
è così. Okay, preferisco non pensarci.
La cosa più concreta che Ambigua Utopia abbia lasciato, per quanto ne so,
oltre all'omonima rivista (ma quanti la conoscono?), è il volume "Nei
labirinti della fantascienza", edito da Feltrinelli, una sorta di catalogo
della fantascienza ragionato in base a un preciso metro ideologico. A me
piace, e ogni tanto me lo vado a rivedere. Con la stessa amarezza che provo
quando riascolto la musica della West Coast degli anni Settanta: qualcosa
che sarebbe potuto essere, e non è stato. Bella fregatura.
Delos: Che cos'è secondo te l'elemento principale che blocca la crescita di pubblico nel settore della fantascienza? In Italia le riviste di SF, sia esse delle pulp magazine che ipotetiche testate su carta patinata a colori come la recente testata inglese SFX, sono destinate per sempre a morire dopo pochi numeri?
Curtoni: Vedi sopra: la risposta al fattore politico nelle sorti di "Robot". Sì, sono convinto che quello della vita a breve termine sia un destino ferale che incombe sulle riviste di sf. Almeno qui in Italia. L'unica soluzione sarebbe un mecenate miliardario disposto ad andare avanti in perdita, ma dove lo trovi?
Delos: Quale futuro aspetta la versione italiana della Isaac Asimov SF Magazine e il trimestrale Analog Fantascienza della Phoenix di Bologna?
Curtoni: Ehm, ehm... Le ultime notizie ricevute via telefono da Brolli non sono
propriamente entusiasmanti. Daniele & soci hanno un coraggio da leoni, ma a
volte il coraggio non è sufficiente. Il vil denaro, you know...
Posso solo fare i miei più fervidi auguri. Sarebbe una tragedia se anche
la Phoenix dovesse chiudere bottega. Spero con tutto il cuore che non accada.
Delos: Passiamo alle traduzioni. Esiste qualche autore che trovi troppo complesso tradurre? Hai sempre tradotto romanzi la cui trama o autore ti affascinavo, o ti è capitato qualche volta di lavorare su un testo ostico dalle poche emozioni?
Curtoni: Ragazzi, dal 1970 a oggi ho tradotto qualcosa come trecento o quattrocento
libri! Vi pare possibile che non ci fossero schifezze nel mazzo? Ma a
quintali! A tonnellate! Fondamentalmente, il traduttore subisce: quel che
passa l'editore va comunque bene, perché significa lavoro. A volte mi vedo
come uno spalatore di merda...
Be', non esageriamo. Ho tradotto anche cose molto belle. Ogni tanto. Debbo
dire, ahimè, facendo due veloci calcoli, più spesso al di fuori della sf
che no...
L'autore ideale da tradurre, per me, è quello che scrive cose
interessanti, divertenti, geniali senza farti impazzire con la sintassi o
col vocabolario. Philip Dick e Kurt Vonnegut sono i miei archetipi preferiti.
Poi ci sono gli autori molto in gamba che però richiedono tutto un lavoro
di fino, ti portano via il doppio del tempo, ma alla fine ti regalano un
senso di appagamento che poche altre cose della vita sanno darti. Due esempi
di questa categoria potrebbero essere Bob Shaw (che ha una sintassi da
capogiro) e la buonanima di James Tiptree Jr., o Alice Sheldon che dir si
voglia.
Poi ci sono quelli che scrivono schifezze innominabili, facilissime da
tradurre, ma la noia! Certe volte mi sono addormentato sul computer (o, anni
fa, sulla macchina per scrivere)...
In tanti anni di onorata carriera, mi è successo una sola volta di dare
forfait: il libro era "Core" di Paul Preuss. Se non erro, non è ancora
uscito in Italia. Non dico che sia brutto: dico solo che è un romanzo di
fantageologia, e io di geologia so niente! Ho tradotto cento cartelle e mi
sono fermato. Che vergogna!
Delos: Tra i tuoi autori preferiti chi citeresti tra quelli della vecchia e quelli della nuova (cyberpunk/post-cyberpunk) generazione? In un tuo recente intervento sulla IASFM sparavi abbastanza a zero sulla nuova fantascienza. Era una provocazione indirizzata al buon Brolli o ne sei davvero convinto?
Curtoni: Ma per carità! Sparare a zero su Daniele? E' un carissimo amico. Lo stimo
in maniera radicale. Ci mancherebbe.
No, era una mia sincera opinione. Ho provato più volte a leggere i
cyberpunk, ma non li reggo! L'ultimo autore "giovane" gradevole e
interessante che io ricordi è Lucius Shepard. Ah, e ovviamente il grande
James Morrow (my friend Jim), che però col cyberpunk non ha nulla a che fare.
I miei scrittori preferiti restano Dick, Vonnegut, Ballard, Sturgeon,
Sheckley, Disch, Zelazny, Lafferty, Malzberg, Tenn. Più o meno.
All'interno della fantascienza, s'intende. L'autore che prediligo in
assoluto è Salinger. O forse Boll. O forse Calvino. Fate voi.
Delos: Pensi sia giusto etichettare la narrativa? In altre parole, ritieni sia meglio un Clifford D. Simak su uno scaffale anonimo con tanti altri testi, o lo preferisci nell'area dedicata ai libri di fantascienza?
Curtoni: Per ragioni tattiche, di lavoro, ho suddiviso in zone specifiche le molte (troppe, stando a mia moglie) librerie di casa mia. Sicché nel mio studio, oltre a una marea di dizionari, enciclopedie e affini, si trovano solo fantascienza, horror e fantastico in genere, mentre tutto il resto è sparso nelle altre stanze. In base a un ordine ragionato nei limiti del possibile. Ma a priori non faccio alcuna distinzione: potrei mettere Simak vicino a Freud, Dick accanto a Céline, e poi sta a vedere chi ci guadagnerebbe... Al diavolo le etichette! Io stesso sono marchiato da questa etichetta di specialista della fantascienza, una specie di lettera scarlatta che mi porto addosso da sempre, e quanto vorrei scrollarla via!
Delos: Hai una classifica personale del materiale narrativo da te pubblicato? Quale storia di tua produzione consiglieresti di leggere ai nostri lettori di Delos e quale, a distanza di tempo, sconsiglieresti caldamente?
Curtoni: Sconsiglierei caldamente i miei racconti apparsi parecchi anni fa su "Perry Rhodan": fondi di magazzino che passavo indiscriminatamente ad Antonio Bellomi, onnivoro curatore dell'edizione italiana. Penso che il mio racconto di fantascienza più riuscito in assoluto sia "La luce", che infatti è stato anche inserito in un'antologia per le scuole. Poi consiglierei "La volpe stupita", "Le consultazioni" e "Dal rabbino". E una storia di spettri che amo davvero molto, "Vento dal mare". Però, come diceva il poeta, ah! Trovarli, trovarli, questi racconti...
Delos: Le autostrate informatiche stanno aiutando a crescere la fantascienza? Non ti sembra che la stretta cerchia del fandom Italiano fatto dai soliti appassionati stia allargando i suoi confini, facendo finalmente confluire molti nuovi interessati?
Curtoni: Francamente, non lo so. Attendo di vedere come procederanno le cose. Dopo
il mio entusiasmo iniziale per le BBS, a lungo andare mi sono reso conto che
i nomi che giravano in Sf.Ita (l'area Fidonet riservata alla sf) erano più
o meno sempre gli stessi, e ho anche constatato che di persone con orizzonti
culturali non terribilmente ristretti non ce ne sono poi molte. Insomma, se
stiamo ancora a messaggi del tipo: "Tu quanti romanzi di Asimov hai letto?",
oppure (thread recente): "Ma alla fine, in UBIK chi è morto davvero e chi
non è morto?", be'...
Vediamo cosa farà Internet. Delle enormi potenzialità della Web mondiale
sono assolutamente convinto; quel che non so, oggi come oggi, è se queste
potenzialità serviranno in particolare a dare una mano alla fantascienza.
Delos: Chi ti frequenta personalmente, o virtualmente sui BBS italiani, già conosce la tua posizione a proposito di serial TV come Star Trek. La domanda, in questo contesto, è forzata: non credi che la TV, mediante gli episodi di spettacoli fantascientifici dai buoni effetti speciali e da una sufficiente caratterizzazione dei personaggi (es. Star Trek, X-Files, ecc.), permetta alla SF di giungere nelle case di tanti potenziali lettori?
Curtoni: Chiariamo: non è che io ce l'abbia coi telefilm sf o fantastici in genere.
"Star Trek" e "X-Files" non mi piacciono, ma ad esempio adoro i vecchi "Ai
confini della realtà" e "Zaffiro e Acciaio", tanto per citare le prime due
serie che mi vengono alla mente.
Posto questo: no, non credo che TV o cinema possano fare alcunché per
avvicinare gli spettatori alla sf scritta. E' dimostrabile dati alla mano.
Mi ero cullato anch'io in questa illusione quando uscì "Guerre stellari",
che all'editoria italiana non servì proprio a niente. Per fare un caso
concreto, guarda quante volte si è tentato di pubblicare materiale scritto
di "Star Trek", e guarda che fine hanno fatto questi tentativi.
Sarà usare categorie ormai vecchiotte, ma io sono più che convinto che
cinema e televisione offrano una comoda, rilassante fruizione passiva,
mentre il libro richiede fruizione attiva. E oggi la passività va forte...
Un solo dato: negli ultimi vent'anni, la fantascienza ha invaso da ogni
lato gli schermi domestici e pubblici. Nello stesso arco di tempo, "Urania"
si è ridotta a circa un terzo delle vendite. Allora? Non dovrebbe essere
accaduto il contrario? La gente può anche abituarsi ai luoghi comuni della
sf visiva, magari affollare i cinematografi, ma poi in edicola o in libreria
non ci va. Non più di quanto ci andasse prima. Tanto, scusa, se possono
VEDERE tutto già bell'e fatto, chi glielo fa fare di sforzarsi a leggere?
Curtoni: Recentemente ho intervistato Sheckley il quale rimpiangeva l'era di H. Gold (Galaxy) e accennava che all'estero il mercato dei racconti è molto scarso e che le idee della fantascienza di oggi sono principalmente nelle mani dei produttori cinematografici che detengono il potere e i soldi. Ti senti di avvallare questa visione, neanche troppo poco apocalittica, di quel grande genio che è Robert Sheckley?
Curtoni: Concordo al duemila per mille. Per me i migliori periodi della sf sono proprio gli anni di "Galaxy" (sf sociologica) e gli anni Settanta (New Wave con annessi e connessi). Il resto, come diceva il poeta, è silenzio. Salvo rari sprazzi.
Delos: In tanti anni di attività hai avuto a che fare con moltissimi personaggi fantascientifici, chi ricordi meglio e perché?
Curtoni: Nell'ambiente italiano ho conosciuto praticamente tutti, almeno fino a una
certa data. La mia memoria è selettiva: tendo a ricordare meglio le persone
alle quali, col tempo, mi ha legato (e mi lega tuttora) un saldo rapporto di
amicizia. Cito qualche nome in ordine sparso: Antonio Bellomi, Marzio
Tosello, Giuseppe Festino, Vittorio Catani, Eugenio Ragone, Renato
Pestriniero, Valerio Evangelisti, Marco Pensante. Questi sono tutti carissimi, fraterni amici, anche se magari con qualcuno di loro mi vedo ogni quattro anni. Non importa: ci ritroviamo, ed è come riprendere una conversazione interrotta
il giorno prima. Fantastico.
Quello che purtroppo non riesco MAI a dimenticare è Franco Forte...
Un'altra persona che mi era molto cara (stranamente, perché in genere l'ho
sentita giudicare una bisbetica insopportabile) era Andreina Negretti.
Abbiamo filato d'amore e d'accordo che era un piacere. Forse perché
nutrivamo le stesse identiche idee politiche? E' terribile pensare che sia
morta... Ah, un'altra signora molto cara era Anna Rinonapoli: anche lei non
c'e' più, e anche lei era deliziosa.
Evito di fare nomi (immaginatevi pure chi volete voi; probabilmente
colpirete nel segno), ma le maggiori delusioni le ho avute da scrittori che
ritenevo, avendo letto ciò che avevano pubblicato, di una certa pasta, e
invece erano l'esatto contrario. Lo so che non bisognerebbe mai fare
confusione tra l'opera e l'artista che la crea, ma insomma, a tutto c'è un
limite!
In generale, se posso allargarmi un attimo, vorrei dire che tanto gli
autori americani e inglesi si sono sempre dimostrati cordiali, disponibili,
alla mano con me (con due sole eccezioni: Ellison e Malzberg), altrettanto
ho incontrato spesso fra gli autori italiani una sicumera impressionante. Il
primo coglione che abbia pubblicato tre racconti sulla "Gazzetta di
Cappaccio Rocca d'Aspide" ti guarda dall'alto in basso; e se magari
suggerisci, in quanto editor, qualche modifica a un suo racconto, ti
risponde che sei un boia, un nazista, e che comunque il racconto in
questione è talmente perfetto che togliere una sola virgola sarebbe un
delitto di lesa maestà... Sì, mi è successo anche questo, e non una sola
volta. Posso dire dove dovrebbero andare? Lo dico?
Delos: La corsa al futuro prosegue senza sosta. Non ti sembra però che sempre più ricorrentemente la realtà superi la fantascienza, lasciando al palo i suoi estimatori? Dovremmo leggere di fantascienza solo apprezzandone le sue doti speculative, o vi è ancora spazio per l'immaginazione. Dopo tutto Einstein diceva che l'immaginazione è più importante della conoscenza. Cosa ne pensi?
Curtoni: Sono convinto che la realtà oggi superi abbondantemente l'immaginazione.
Sono anche convinto che questo concreto dato di fatto castri spessissimo
quel tipo di autori che vivono di anticipazione scientifico/tecnologica.
Corollario: cavoli loro.
Prendete autori come Dick, Sturgeon, Ballard. Quanto se ne fregano della
verisimiglianza scientifica. Dick ti inventa una macchina per il
teletrasporto, e tanti saluti. Della macchina in sé gli importa nulla; a
lui interessa vedere cosa accadrà, grazie a questa macchina fittizia, su
una colonia di Proxima Centauri.
Quella che è in crisi è la hard sf, e purtroppo oggi molti la praticano,
o tentano di praticarla. Ripensiamo alla grande stagione "umanista" degli
anni Settanta: Delany, Zelazny, Malzberg, Lafferty, eccetera. Sono
invecchiati? No. Perché non si mettevano a fare a gara con la realtà
scientifica. Se ne sbattevano. Parlavano di uomini, non di ritrovati
tecnologici. Tutto qui. Molto semplice.
Delos: Per concludere, su cosa stai lavorando in questo momento?
Curtoni: Ho consegnato da poco in Mondadori il nuovo volume dei racconti di Dick ("Le presenze invisibili" III). Adesso sto traducendo un romanzo assai singolare e stimolante di James P. Blaylock, "The Paper Grail", che uscirà (mi si dice a settembre) negli "Squali" di Bompiani. Mi pare ottimo. Per una volta non spalerò merda...
Delos: Ti vedremo mai a capo di una nuova rivista italiana di SF?
Curtoni: Ne dubito fortemente. Di certo io non ho più l'entusiasmo di un tempo; poi i miei anni (quasi 47 al momento) sono quelli che sono; e infine, ma secondo te chi cavolo potrebbe pensare oggi di fare una nuova rivista di sf? Se hai sotto mano un editore disponibile, fammi un fischio!
Delos: Grazie per aver reso ancora più interessante con la tua presenza Delos Science Fiction.
Curtoni: Ma prego. Lo ho vinto o no il titolo di Mister Logorrea 1996? Il presente testo può essere letto in linea o scaricato, e può essere diffuso per via telematica senza limitazioni. Il testo è però di proprietà dell'autore e non può essere utilizzato per scopi commerciali, pubblicato su riviste commerciali o inserito in CD-Rom, senza la previa autorizzazione dell'autore.
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