Una splendida biografia autorizzata ricca di episodi freschi e basata su ricerche approfondite e un’analisi accuratissima. Hansen merita un elogio per aver saputo interpretare l’enigmatico Armstrong: eroe dello spazio di poche parole ed esempio fulgido dell’integrità del Midwest.
Con queste parole, il New York Times Book Review ha recensito il libro First Man – Il Primo Uomo di James R. Hansen (First Man: The Life of Neil A. Armstrong, Rizzoli), da cui Josh Singer ha tratto la sceneggiatura per l'omonimo film diretto da Damien Chazelle, che racconta la storia di Neil Armstrong, il primo uomo a mettere piede sulla Luna nel lontano 20 luglio 1969.
Dopo un PhD in storia della scienza e della tecnologia conseguito presso la Ohio State e dopo aver trascorso più di 20 a scrivere ed insegnare sullo spazio e la storia, Hansen ha iniziato a scrivere la sua prima biografia. È stato nel 2000 che l’autore ha contattato per la prima volta Armstrong e gli ha chiesto di poter raccontare la storia dell’eroe. Dopo due mesi Armstrong (che raramente concedeva interviste e men che meno gradiva l’idea di documentare tutta la sua vita) educatamente rifiutò la richiesta.
Ci volle del tempo dopo l’iniziale richiesta di Hansen prima che il pilota concedesse il via libera per scrivere la sua biografia. “Mi ci vollero circa due anni per avere finalmente l’autorizzazione da lui” ha spiegato Hansen. “La famiglia di Neil lo ha incoraggiato a farlo; il momento cruciale venne quando mi invitò a casa sua, nei sobborghi di Cincinnati – dove aveva vissuto per circa 20 anni – e trascorremmo il pomeriggio a parlare per ore. Mi sentivo molto ottimista ma anche dopo questo incontro gli ci volle del tempo prima di essere pienamente convinto.”
Molto prima di conoscere personalmente Armstrong, Hansen aveva condotto centinaia di interviste su altri argomenti; fu quell’esperienza nel raccogliere il racconto orale delle storie che lo aiutò a conquistarsi la fiducia di Armstrong. “Una cosa che divenne importante rispetto a lui è l’emergere della sua fiducia nei miei confronti,” spiega Hansen.
“Non solo siamo cresciuti a 50 miglia di distanza l’uno dall’altro, lui è cresciuto in Ohio ed io in Indiana, ed ho frequentato la Ohio State, ma anche entrambe le nostre famiglie erano cresciute in una fattoria. Per molti aspetti, parlavamo la stessa lingua, in termini di dialetto regionale. Quello che sappiamo di Neil ce lo presenta come un simbolo iconico monodimensionale.. ma lui era un essere umano tridimensionale che viveva e respirava. Neil poteva stare in una cabina di pilotaggio a prendere decisioni immediate ma quando si trattava di altre cose che riguardavano la sua vita era sorprendentemente cauto e ponderato.”
L'astronauta statunitense compì quello che definì un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l'umanità e il libro racconta la storia di questo eroe moderno, che vide nel momento decisivo dell'allunaggio non mancarono momenti di paura. Ecco cosa racconta, in un passo della biografia, lo stesso Armstrong ad Hansen:
Sentii Buzz dire qualcosa sul contatto. Ma eravamo ancora sopra la coltre di sabbia, e non ero sicuro che avessimo davvero toccato. La spia poteva presentare un'anomalia e il mio istinto mi diceva di avvicinarmi ancora. Fu una questione di istanti. Il pericolo era di danneggiare il motore portandolo troppo vicino alla superficie lunare quando era ancora acceso. A ripensarci, la possibilità che qualcosa andasse storto esisteva…
Sono queste le parole che Neil Armstrong usa per rievocare quel preciso momento in cui stavano facendo la Storia di tutta l'umanità, mentre milioni di persone sulla Terra lo seguivano ammutolite davanti al televisore per poi esplodere in un moto di gioia irripetibile. Ma non si trattò di una missione priva di rischi e imprevisti – non si poteva ben prevedere la consistenza della superficie lunare, il carburante sarebbe bastato per soli 45 secondi dopo l'allunaggio… –, né fu un caso che sia stato proprio Armstrong a portarla a termine. Originario dell'Ohio, Neil è uno di quegli eroi moderni che nascono solo negli States. Classe media, con un padre duro, fin da piccolo si appassiona alla meccanica degli aerei e presto viene arruolato come pilota nella guerra di Corea, dove si salva solo eiettandosi in volo. Al ritorno in patria entra nella NASA, ma la vita lo castiga: gli muore una figlia. Lui non molla ed è proprio il suo unico mix di passione ingegneristica per il volo, serietà, intransigenza e dedizione al grande sogno della missione sulla Luna a fargli meritare il ruolo di comandante della missione Apollo 11.
Un personaggio non facile da rendere sullo schermo per Ryan Gosling, chiamato dal regista Damien Chazelle ad interpretare Armostrong sul Grande Schermo.
Fortunatamente Gosling ha superato l’esame con Hansen. “Non riesco a pensare ad un altro attore che avrebbe potuto essere migliore di Ryan,” afferma l’autore esprimendo le sue lodi. “Ryan ha un po’ delle stesse qualità introspettive, cerebrali, di tranquillità e modestia che aveva Neil. Ma al tempo stesso, è un brillante attore che è anche in grado di prendere il personaggio di Armstrong e, attraverso quello che lui aveva capito circa chi fosse Neil, tirare fuori elementi di Neil che noi non avremmo forse mai visto senza essergli stati veramente vicini.”
Hansen si è dimostrato un’inestimabile risorsa per Gosling nel prepararsi al ruolo.
“Ryan ha incontrato la sorella di Neil, June, dopo che io gli avevo spiegato quanto lei fosse stata importante per farmi capire il personaggio di Neil, specialmente le conseguenze della morte della sua bambina” afferma Hansen. “Ryan è stato seduto nella stessa casa di campagna in cui io ho intervistato Neil ed ha parlato con June e con uno degli amici di infanzia di Neil. Ha ascoltato le storie, fatto domande ed ha incontrato i figli di Neil insieme ad altri membri della famiglia. Si è completamente immerso in questo ruolo e sicuramente ha fatto il proprio lavoro e grazie alla genialità della sua recitazione dando vita a Neil Armstrong”.
Lo stesso Hansen non ha resistito al fascino del cinema e ad apparire nella pellicola: ha avuto un ruolo cameo nei panni del Dr. Kurt Debus, Direttore del Centro Spaziale Kennedy, nella scena in cui gli astronauti dell’Apollo 11 si dirigono verso il veicolo spaziale per il lancio.
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